Manfredonia

Manfredonia la “porta del Gargano” fa parte del Parco Nazionale del Gargano. La città deve il suo nome a Manfredi di Sicilia, figlio dell’imperatore Federico II, che la fondò nel XIII secolo dopo la distruzione dell’antica città di Siponto. Salimbene da Parma sottolineò che il progetto di Manfredi era molto importante e che avrebbe voluto fare di Manfredonia “una delle città più belle del mondo” godendo questa di una posizione strategica, protetta dai monti e posta all’ingresso del Gargano meridionale.
La città è nota inoltre per il carnevale, annoverato fra i più importanti ed antichi d’Italia.

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Nel gennaio 1256 il re di Sicilia e principe di Taranto Manfredi giunto a Siponto durante una battuta di caccia sul Gargano, trovò la città distrutta e gli abitanti costretti a vivere in case non più adatte all’uso abitativo, in un’area resa malarica dall’impaludamento. Decise quindi di ricostruire la città due miglia a nord dell’insediamento originario. Le sue intenzioni erano duplici: da un lato, creare uno dei più importanti centri di governo di tutto il Regno, secondo gli evoluti canoni amministrativi ormai consolidati dal padre, l’imperatore Federico II; dall’altro, presidiare il territorio la cui posizione era strategica anche per via della vicinanza all’Oriente bizantino.

Le conferì il proprio nome in segno di futuro prestigio, onore e potenza. In marzo i lavori vennero affidati al maestro costruttore Marino Capece, che riutilizzò i ruderi della città più antica e organizzò l’importazione via mare dalla Schiavonia di legname, calce, pietre e sabbia. Nel complesso furono impiegati 700 operai e molti buoi. Il 23 aprile 1256, giorno di San Giorgio, fu posata la prima pietra e nel 1257, convocato il Parlamento di Puglia a Barletta, Manfredi ottenne di costruire la nuova città a spese dell’erario reale e della sua cassa privata. Nel novembre 1263 venne consegnato il Datum Orte, ossia l’atto notarile col quale la città veniva ufficialmente riconosciuta. Manfredi successivamente affidò i lavori a suo zio Manfredi Maletta.

Ai primi del 1258 erano state costruite la metà delle mura che guardano verso il mare e verso l’entroterra, con fortini e baluardi, e la grande torre di San Francesco; la piccola chiesetta della Maddalena e la grande campana il cui suono era percettibile a distanze notevoli, questa serviva in caso di pericolo per chiamare a raccolta i pochi abitanti di Manfredonia. Nel 1264 Manfredi inaugurò solennemente il castello e la città.

La nuova città ottenne benefici fiscali (franchigie) che la resero un porto franco e la sua popolazione si accrebbe con il trasferimento di abitanti delle vicine città di San Paolo di CivitateTraniCarpinoMonte Sant’AngeloBarlettaIschitellaAndria e Corato. Sin dalla sua costituzione fu dotata di una zecca che coniò e impresse diverse monete (doppio tarì, dinari d’oro, di rame e di biglione).

Il periodo angioino

Con la battaglia di Benevento del 1266, che segnò la morte di Manfredi e il passaggio dei suoi possedimenti a Carlo I d’Angiò, gli angioini completarono il castello sotto la direzione del maestro costruttore Giordano Onofrio e del soprintendente l’architetto Pierre d’Angicourt. Nel 1269 Carlo I confermò i privilegi che Manfredi diede alla città. Il 7 febbraio 1270 iniziarono i lavori del nuovo duomo sotto l’arcivescovo Giovanni VII (Freccia da Ravello).
Nel 1272 papa Gregorio X visitò Manfredonia ed in questa occasione Carlo dietro consiglio del papa fece collocare una lapide a Porta Puglia e ribattezzò la nuova città col nome di Sypontum Novellum o Sipontum Nova, denominazione che tuttavia non si affermò.
Il 7 maggio 1273 Carlo I tornato in città, fece costruire a spese della città un ulteriore torrione al lato nord e perfezionare le mura a due ordini, rendendole praticabili con la costruzione di una strada tra il primo e secondo muro; tra il 1279 ed il 1282 venne completato il castello con bastioni, mura di cinta e fossato.
Nel 1274 fu terminato il duomo e l’anno successivo riunitosi il parlamento manfredoniano si decise che l’Arcivescovo prendesse possesso del duomo come Pastor Bonus e nella città si stabilì il Magistrato. Carlo II, succeduto a Carlo I, fece erigere altri tre torrioni lungo le mura e alterò il progetto originario del castello di Manfredi con l’utilizzo del sistema francese per avere una migliore difesa. Nel 1292 Carlo II stabilì i confini della città e sistemò le difese e nel 1299 incominciarono i lavori per la costruzione del porto e dell’episcopio, che sarebbe stato terminato soltanto nel 1316.
La città perse parte dei suoi privilegi e nel 1300, con il trasferimento a San Severo della sede del Gran Giustiziere, perse anche il titolo di capitale della Puglia (Apuliae caput).  L’importanza strategica del porto sipontino è attestata dai numerosi viaggi dei reali angioini: nel 1309 vi si imbarcò Carlo Roberto d’Angiò per occupare il trono d’Ungheria per diritto di successione; il 31 luglio 1333 Carlo Roberto e suo figlio Andrea sbarcarono a Manfredonia e nel 1344, la regina Elisabetta terza moglie di Carlo Roberto s’imbarco per raggiungere Visgrad, in Polonia. Gli Ungheresi si stanziarono a Manfredonia facendo del porto la base delle loro operazioni militari: Luigi I il Grande, re d’Ungheria sbarcò con il suo esercito il 18 settembre 1345 dopo l’uccisione del fratello Andrea.
Il 6 maggio 1380 il golfo di Manfredonia fu teatro di un’aspra battaglia navale tra le flotte genovese e Veneziana, che vide la prevalenza dei primi, i quali fecero prigioniero l l’ammiraglio della Serenissima, Matteo Giustiniani. Il 13 agosto 1380 moriva a Manfredonia il celebre ammiraglio veneziano Vettor Pisani mentre la sua armata era alla fonda nel golfo di Manfredonia.

Il periodo aragonese

Durante il XV secolo gli Aragonesi per uniformarsi ai tempi ed alle nuove tattiche difensive costruirono altre torri. Dal 1424 al 1435, Manfredonia fu concessa in contea a Francesco Sforza.
Dalla metà del Quattrocento con Re Alfonso la città di Manfredonia iniziò ad impoverirsi caricando gli abitanti di tasse e balzelli; e così gli AragonesiAustriaci ed i Borboni. Nel 1444 alla città toccarono le spese dell’incoronazione di Re Alfonso e nel 1459 Re Ferdinando diede in pegno la città con altre città pugliesi ai Veneziani. Nel 1463 la città fu saccheggiata del Re Ferdinando.
Nel 1503 i francesi occuparono Napoli e molte città del regno. Solo ManfredoniaTaranto rimasero fedeli fino alla fine a Federico d’Aragona. Durante la disputa tra Venezia e gli aragona i primi conquistarono i principali porti pugliesi tra cui Manfredonia data in pegno da Ferdinando II d’Aragona.

Resistenza all’attacco francese

Manfredonia ospitò Cesare e Guido Fieramosca quando il maresciallo francese Lautrec invadeva il Regno di Napoli. Guido combatteva contro i Veneziani in Puglia dopo che questi stavano riconquistando tutte le città tranne Manfredonia, difesa da Carlotto di Parma detto il Cavaliere, da Alessio Lascari e Pier Luigi Farnese e lo stesso Fieramosca. Tre città resistettero alla Francia: Manfredonia, Gaeta e Napoli. Il Lautrec non riuscendo a conquistare la città operò delle razzie nelle campagne circostanti fino a quando una delle navi che appoggiavano le operazioni francesi venne colpita dai cannoni della Torre di San Francesco.

La città di Manfredi, dunque, nel 1528 resistette all’assedio francese e fu conservata all’imperatore Carlo V. Lo stesso imperatore per alleviarla e ricompensarla della fedeltà le riconfermò nel 1533 gli antichi privilegi, esenzioni e gabelle. Sotto Carlo V, la città godette un periodo di felice progresso e benessere.

Lo sbarco dei turchi

Pedro Téllez-Girón y de la Cueva fu deposto dal grado di Viceré di Napoli da Filippo III di Spagna. Costui incoraggiò gli Ottomani a venire nel Meridione promettendo loro l’appoggio del popolo napoletano e così questi il 16 agosto 1620, forti di 56 galee comandate da Alì Pascià sbarcarono presso Manfredonia.

Trovando impreparati i difensori riuscirono in poco tempo a conquistare le mura ed i bastioni, da questi aprirono il fuoco contro il Castello. Le suore dei conventi con gli altri cittadini si rifugiarono nel Castello e dopo aver resistito tre giorni sfiniti dalla fame e senza alcuna speranza di soccorso capitolarono il 18 agosto 1620. Durante l’assalto furono uccisi cinquecento Manfredoniani e settecento ottomani. La città fu selvaggiamente saccheggiata e distrutta, non rimase nulla della splendente città medievale che anni prima valorosamente resistette al Lautrec.

Il bottino de turchi fu di 36 cannoni di bronzo, tutte le campane delle chiese, una statua d’argento di san Lorenzo Maiorano, oro, argento, vestiti, libri, grano, cereali ecc. Furono distrutti tutti i documenti più importanti della città, fu bruciato il corpo di san Lorenzo Maiorano (rimase solo il braccio destro). Solo la chiesa di San Marco vicino alla Cattedrale rimase leggermente lesionata e funzionò da Cattedrale fino alla costruzione del nuovo Duomo nel 1640. I manfredoniani furono spogliati anche dei loro abiti e maltrattati, molti di essi fustigati, uccisi e condotti schiavi.

Tra i prigionieri anche la giovine Giacometta Beccarini una bella fanciulla portata in Turchia come dono al Sultano, il quale rimase affascinato dalla bellezza della ragazza. Divenne la sua favorita ed ebbe successivamente da Giacoma l’erede al trono (che morì in età giovane). La Beccarini visse da prigioniera ed inviò alle suore clarisse di Manfredonia, dove anni prima risiedeva, una lettera per sapere notizie sui suoi genitori (morti durante il sacco).

La lenta ricostruzione

Dopo la calata dei turchi nulla restò di Manfredi e dei d’Angiò, tranne la piccola Chiesa di San Marco con la volta lesionata, parte del Castello e le antiche mura. L’Arcivescovo sipontino Annibale sceso dai monti del Gargano per constatare le rovine osservò che la valanga turca non aveva lasciato altro che rovine, desolazione, lutti e miserie. Questi, aiutato dal cardinale, viceré Borgia ottenne franchigie per trent’anni per i dispersi manfredoniani. Nel 1624 fu riedificato il Duomo e nel 1644 il nuovo Seminario. Grande aiuto alla ricostruzione fu dato dall’arcivescovo cardinale Orsini (poi papa Benedetto XIII), che resse la diocesi sipontina dal 1675 al 1680. Nel dicembre del 1798, per sfuggire sia alle minacce delle frange più esagitate dei giacobini partenopei (galvanizzati dall’avanzata napoleonica nel Regno di Napoli) che alle truppe francesi comandate dal generale Championnet (che, probabilmente, le avrebbe incarcerate) le principesse Adelaide e Vittoria di Borbone (figlie del re di Francia Luigi XV e zie del ghigliottinato Luigi XVI,) abbandonarono la Reggia di Caserta (dove vivevano sotto la protezione dal re di Napoli, Ferdinando I, nel frattempo fuggito in Sicilia) e, dopo innumerevoli peripezie, raggiunsero Manfredonia dove avrebbero dovuto imbarcarsi su una nave diretta a Trieste. Purtroppo, prima del loro arrivo il veliero era già salpato, e le due principesse reali (insieme al seguito e a sette uomini di scorta) grazie all’interessamento dell’ambasciatore napoletano presso la Corte Austriaca, marchese De Gallo, trovarono una precaria sistemazione in un cadente fabbricato lungo il litorale di Manfredonia.

Il Novecento

Fu la prima città d’Italia ad essere bombardata da navi austriache durante la prima guerra mondiale, all’alba del 24 maggio 1915. Fu colpita la stazione ferroviaria con 100 bombe. Due lapidi poste una proprio nella stazione e un’altra all’inizio del Corso ricordano l’evento.
Tra il giugno 1940 e il settembre 1943, Manfredonia fu sede del campo di internamento di Manfredonia che venne allestito nei locali del Macello Comunale della città.

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