
Carpino fa parte del Parco nazionale del Gargano e della Comunità montana del Gargano. È un noto centro per la produzione dell’olio e delle fave.
È sede principale del Carpino Folk Festival, manifestazione dedicata alla riscoperta, conservazione e promozione della musica popolare italiana.
La presenza di un insediamento in epoca romana è dimostrata dalle fonti, cui spesso vi fanno riferimento in merito ad una strada che collegava l’antica Teanum Apulum (San Paolo di Civitate) agli abitati di Civitella (San Nicandro Garganico), Avicenna (Carpino), Monte Civita (Ischitella) e Fara, nell’area di San Nicola Imbuti (Cagnano). Gli storici ipotizzano che tale via avesse una importante funzione politico-commerciale per l’area del Gargano Settentrionale, oltre a quella di collegamento tra i vari municipia della zona.
Alto Medioevo
La leggenda, supportata anche da alcuni studi, collegherebbe l’origine dell’attuale Carpino alle sorti dell’antica città di Hyria, cui fanno spesso riferimento Plinio e Strabone nel descrivere l’area dove oggi si trova il Lago di Varano, la cui sponda meridionale costituiva l’antica costa di un golfo. Le fonti, infatti, documentano che, a partire dal V secolo, le invasioni barbariche determinarono uno spopolamento dei centri abitati costieri del Gargano per ragioni di sicurezza. Tale spopolamento determinò la nascita di piccole comunità, i Casali, in luoghi più sicuri dell’entroterra, come quello in cui adesso si trova l’abitato di Carpino e l’abitato di Cagnano Varano.
Basso Medioevo
In epoca normanna è certa l’esistenza di un Castellum Capreolis, eretto dopo il casale esistente, probabilmente nell’XI secolo. A confermarlo sono i primi documenti su Carpino. Essa viene menzionata per la prima volta in un documento del giugno 1144, in occasione di una donazione in favore dell’Abbazia di San Leonardo di Siponto e poi, nel 1158 in una bolla del papa Adriano IV in cui vengono confermati i privilegi dell’Abbazia di Monte Sacro sulle chiese di San Pietro e Santa Maria, conferiti trent’anni prima.
Sempre in tale periodo, il feudo di Carpino è elencato tra le terre a servizio dell’Onere di Monte Sant’Angelo, concesso alla contea di Lesina.
In conseguenza del rafforzamento del dominio Normanno tra il 1150 ed il 1160 sul versante settentrionale garganico, venne costruita la cinta muraria e l’imponente castello che dominava il centro storico e che venne successivamente ampliato e potenziato nella sua funzione difensiva dagli Svevi.
Durante la dominazione sveva, Carpino appartenne al Regio Fisco e fu amministrato da un baiulo (baiulus).
Sotto la dominazione angioina, passò a Margherita, moglie di Raimondo Burgundi, e Carlo II lo zoppo, figlio di Carlo I d’Angiò.
Età moderna
Agli Svevi, seguirono nel possesso del feudo di Carpino i Della Marra che dopo 50 anni furono spodestati dai D’Aragone per la loro disobbedienza all’erede Giovanpaolo. Venne così assegnato ai Di Sangro di Torremaggiore per un decennio, per poi essere assegnato a Troiano Mormille.
Nel 1526 il Sacro Consiglio ordinò la vendita di Cagnano e Carpino per soddisfare i creditori del feudatario Fabrizio Mormille. Il feudo venne acquistato dai Loffredo, a cui succedettero i Nava, i Loffredo, i Vargas, I Vargas-Cussavagallo, fino ad arrivare ai Brancaccio o Brancaccio-Vargas.
Dall’Unità d’Italia a oggi
Dal 1860, sotto i Savoia, divenne comune del Regno d’Italia e fece parte del mandamento di Cagnano Varano.
Tale periodo fu molto delicato per l’area. Se in comuni come Cagnano Varano e San Giovanni Rotondo c’erano state vere e proprie rivolte, in altri come Ischitella, Vieste, Vico del Gargano e Carpino, il problema era costituito dai briganti.
Risale, infatti, al 4 luglio 1861 la nota urgentissima del capitano della guardia nazionale di Carpino, Ignazio d’Addetta, in cui si segnala la pericolosa presenza di briganti nei dintorni di Carpino.
In tale documento viene fotografata la situazione instabile che seguì l’unificazione d’Italia.
Anzitutto D’Addetta sottolinea la natura spesso non politica del brigantaggio, dato che spesso si trattava di delinquenti strumentalizzati da signorotti del posto contrari ai Savoia, e l’inaffidabilità della guardia nazionale, definita troppo indisciplinata”, “scoraggiata”, impegnata nei “lavori della campagna”, isolata.
Sempre nella nota di D’Addetta si propone una mobilitazione delle forze di tutti i comuni del Gargano per scongiurare il fenomeno del brigantaggio.