Santuario di San Michele Arcangelo Monte Sant’Angelo
Il Santuario di San Michele Arcangelo (patrimonio UNESCO), è un luogo unico e uno dei templi più antichi del mondo. Infatti, già prima di Cristo, era tempio di Mitra, come affermato da Strobone nel 92 a.C., di un tempio dedicato al dio Calcante, mitico indovino, sacerdote di Apollo. Qui accorrevano i fedeli per chiedere i responsi, spesso trascorrendo le notti avvolti nelle pelli degli animali sacrificati. E’ probabile che vi si adorasse anche lo stesso Apollo, divinità pagana simboleggiante la luce e raffigurata con l’aspetto giovanile, di rara bellezza
Pertanto, un luogo dove si era soliti effettuare sacrifici di animali. Questo fino al 490, secondo la tradizione anno della prima apparizione dell’Arcangelo Michele sul Gargano a san Lorenzo Maiorano, vescovo di Siponto. Infatti, la leggenda narra che nel 490, Elvio Emanuele, un ricco possidente di Siponto, aveva smarrito il miglior toro della sua mandria. Dopo averlo cercato a lungo lo trova all’interno di una grotta, ma egli non riesce ad avvicinarsi al suo toro, poiché qualcosa gli impediva di entrare e il toro non voleva uscire. Così, preso dall’ira, deciso ad ucciderlo, scagliò una freccia contro l’animale, ma questa, spinta dal vento torna indietro e colpisce l’uomo. L’uomo, pensando ad un evento demoniaco, si rivolse al Vescovo di Siponto Lorenzo Maiorano, il quale ordinò tre giorni di digiuno e preghiera. Al termine dei tre giorni, l’arcangelo apparve al vescovo dicendo che quel luogo è per lui sacro, perché da lui scelta, che sarebbero dovuti cessare i sacrifici animali, inoltre che, nella grotta saranno perdonati tutti i peccati e che le richieste fatte in preghiera in quel luogo, saranno concesse. Pertanto, di consacrare la montagna al culto cristiano.
Ma, poiché quella montagna misteriosa e quasi inaccessibile era stata luogo di culti pagani, il vescovo esitò prima di decidersi ad obbedire alle parole dell’Arcangelo, fino alla sua seconda apparizione, detta della “Vittoria“, viene tradizionalmente datata nell’anno 492. Siponto era assediata dagli Eruli, in difesa del quale accorse Grimoaldo I, duca di Benevento. Siponto era ridotta allo stremo ed il Vescovo Lorenzo di Maiorano ottenne tre giorni di tregua da Odoacre. Gli Eruli erano un popolo pagano ed il Vescovo Lorenzo di Maiorano ordinò alla popolazione di pregare e di fare penitenze per avere l’intercessione dell’Arcangelo protettore del popolo di Dio.
L’ultima notte di tregua apparve in visione al vescovo (Lorenzo Maiorano) San Michele Arcangelo, dicendo che le preghiere sono state ascoltate e, per tanto, promette di essere presente e ammonisce di dare battaglia ai nemici all’ora quarta del giorno.
La battaglia, accompagnata da terremoti, folgori e saette, si concluse con il successo di Grimoaldo. La vittoria riportata fu descritta come voluta proprio da San Michele: essa sarebbe avvenuta l’8 maggio, divenuto in seguito il dies festus dell‘Angelo sul Gargano. Inoltre, sancì ufficialmente il legame tra il culto dell’Angelo e il popolo longobardo.
Tuttavia, nell’anno 493, un anno dopo la vittoria, il vescovo Maiorano decise di obbedire al Celeste Protettore e di consacrare al culto la Spelonca in segno di riconoscenza, confortato anche dal parere positivo espresso da papa Gelasio I.
Ma la notte, l’Ancangelo apparve al vescovo di Siponto in visione e disse: “Non è compito vostro consacrare la Basilica da me costruita. Io che l’ho fondata, io stesso l’ho consacrata. Ma voi entrate e frequentate pure questo luogo, posto sotto la mia protezione”.
Allora il vescovo Lorenzo, insieme ad altri sette vescovi pugliesi, in processione con il popolo ed il clero Sipontino, si avviò verso il luogo sacro. Durante il cammino si verificò un prodigio: alcune aquile, con le loro ali spiegate, ripararono i vescovi dai raggi del sole. Giunti alla Grotta, vi trovarono eretto un rozzo altare, coperto di un pallio vermiglio e sormontato da una Croce. Inoltre, come racconta la leggenda, nella roccia trovarono impressa l’orma del piede di San Michele.
Il santo Vescovo Maiorano vi offrì con immensa gioia il primo Divin Sacramento. Era il 29 settembre. La Grotta stessa, come unico luogo non consacrato da mani d’uomo, ma da un’entità ultraterrena. Inoltre, ha ricevuto nei secoli il titolo di “Celeste Basilica” e luogo dov’è custodita l’impronta del suo piede.
A partire dal 650 l’area garganica, nella quale sorgeva il santuario, entrò a far parte dei domini longobardi, direttamente soggetta al Ducato di Benevento. Il popolo germanico nutriva una particolare venerazione per l’Arcangelo Michele, nel quale ritrovavano le virtù guerriere un tempo adorate nel loro dio della guerra Wodan, corrispondente al dio germanico Odino, e già a partire dal VII secolo considerarono il santuario garganico il santuario nazionale dei Longobardi. Presto San Michele Arcangelo divenne il principale centro di culto dell’arcangelo dell’intero Occidente, modello tipologico per tutti gli altri. Il santuario fu oggetto del mecenatismo monumentale sia dei duchi di Benevento, sia dei re installati a Pavia, che promossero numerosi interventi di ristrutturazione per facilitare l’accesso alla grotta della prima apparizione e per alloggiare i pellegrini. San Michele Arcangelo divenne così una delle principali mete di pellegrinaggio della cristianità, tappa di quella variante della “Via Francigena” oggi chiamata “Via Sacra Langobardorum” che conduceva in Terra Santa. Il santuario infatti è uno dei tre maggiori luoghi di culto europei intitolati a San Michele, insieme alla sacra di San Michele in val di Susa, e a Mont-Saint-Michel in Normandia. I tre luoghi sacri si trovano a circa 790 chilometri di distanza l’uno dall’altro (rispettivamente 790 e 770 chilometri), approssimativamente allineati lungo una retta che, prolungata in linea d’aria, conduce al Monte Carmelo in Gerusalemme.
Il santuario è collegato con la città di Lucca per alcuni importanti fatti, come la presenza di un vescovo lucchese (Alfonso Puccinelli), quale anche autore dell’apparizione di San Michele nel 1656. A Lucca, nella chiesa di San Michele in Foro, vi si trova anche una statua molto simile a quella presente nel santuario di San Michele, donata dal vescovo Puccinelli alla Repubblica di Lucca come simbolo di ringraziamento alla città d’origine, dopo l’apparizione del 1656.
Dopo la caduta del Regno longobardo (774) il santuario conservò la propria importante funzione all’interno della Langobardia Minor, sempre nell’ambito del Ducato del Benevento che in quello stesso 774 si elevò, per iniziativa di Arechi II, al rango di principato. Quando anche Benevento cadde nel corso dell’XI secolo, del santuario di San Michele Arcangelo si presero cura prima i Normanni, poi gli Svevi e gli Angioini, che si legarono a loro volta al culto micaelico e intervennero ulteriormente sulla struttura del santuario stesso, modificandone la parte superiore e arricchendolo di nuovi apparati decorativi.
La Struttura
La struttura del Santuario risulta essere costituita da un livello superiore e da uno inferiore. Al livello superiore sono presenti il portale romanico e il campanile. Il campanile è chiamato anche torre angioina in quanto fu eretta da Carlo d’Angiò come ringraziamento a san Michele per la conquista dell’Italia meridionale ed è modellato secondo lo schema delle torri di Castel del Monte.
Il livello inferiore comprende la grotta, alla quale si accede direttamente dalla scalinata angioina, il museo devozionale e le cripte. La statua del Santo in marmo di Carrara fu scolpita da Andrea Sansovino ed è datata 1507. In quel periodo era vescovo di Manfredonia, la diocesi di cui faceva parte Monte Sant’Angelo, il cardinale Antonio del Monte, compaesano dello scultore e probabile committente dell’opera che rappresenta uno dei primi capolavori del Rinascimento nel sud dell’Italia. La grotta presenta al suo interno, oltre la statua del Santo, la cattedra episcopale e la statua di San Sebastiano. Le cripte si trovano in ambienti di età longobarda e servivano da entrata alla grotta. Vengono definitivamente abbandonate nel XIII secolo. Le iscrizioni lungo le pareti delle cripte, in alcuni casi a caratteri runici, testimoniano il notevole afflusso dei pellegrini provenienti da tutta l’Europa fin dall’epoca longobarda. Le cripte si sviluppano in due ambienti e in due fasi che fanno datare le costruzioni tra la fine del VII e l’inizio dell’VIII secolo. La prima parte delle cripte ha la forma di una galleria porticata, articolata in otto campate rettangolari. In questo ambiente sono stati esposte sculture provenienti principalmente dagli scavi del santuario. La seconda parte delle cripte è di epoca longobarda e presentava due scale (una delle quali è andata distrutta) che terminavano con una piccola platea con un’abside e un altare con numerose iscrizioni.
- Il Campanile
- L’Atrio superiore
- La scalinata
- L’Atrio interno
- Il Coro
- La Cappella della Croce
- L’Altare del Santissimo Sacramento
- La Navata Angioina
- La Grotta di San Michele
- La Cattedra Episcopale
- L’Altare della Madonna del Perpetuo Soccorso
- Le Cripte
- Museo
- La Cava delle Pietre